40 anni di Legambiente. Il Presidente Stefano Ciafani: “Serve un salto di qualità dell’ambientalismo italiano”

Incontro con i liceali di Petilia Policastro, 13 gennaio 2017

LA STAMPA, 8 GIUGNO 2020

L’associazione compie i primi 40 anni di attività, passati anticipando i tempi e portando alla ribalta temi ambientali spesso celati. Nonostante una politica e una classe dirigente che si è dimostrata inadeguata ad affrontare le sfide ambientali che hanno investito il nostro paese

l 20 maggio 1980 nasceva formalmente la Lega per l’Ambiente dell’Arci. Fu quello il battesimo di

un’associazione che aveva in serbo un progetto ambizioso: promuovere un’idea di ambientalismo che potesse parlare di natura e società in una sorta di simbiosi, capace di non trascurare le battaglie storiche dell’ecologismo, ma considerando allo stesso tempo il contesto socio culturale dei territori. In quarant’anni Legambiente ha cambiato la storia dell’ambientalismo del nostro paese, spesso anticipando i tempi e cambiando il nostro vocabolario per sempre. Con Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente dal 2018, abbiamo voluto attraversare queste quattro decadi, analizzando anche l’attuale immobilismo di una certa politica italiana.

Presidente, a 40 anni si dice che si è definitivamente raggiunta l’età della maturità, quella in cui si diventa adulti. Guardando indietro, quali sono stati i passaggi più importanti per Legambiente?
“L’associazione nonostante i 40 anni ha ancora lo spirito ribelle che l’ha contraddistinta negli anni. Caratteristica che ci ha portato ad anticipare i tempi. Lo facemmo nel 1986, quando iniziammo a campionare le acque di balneazione. Lo facemmo nel 1988, quando iniziammo a monitorare l’inquinamento atmosferico e acustico, ancora prima che fosse imposto per legge. Lo facemmo nel 1990, due anni prima della Conferenza di Rio, quando con una petizione raccogliemmo 600mila firme per chiedere al governo italiano di ridurre le emissioni. Lo facemmo nel 1994, quando iniziammo a denunciare il fenomeno delle ecomafie. O nel 2003 quando per primi abbiamo denunciato la Terra dei Fuochi, uno dei quattro termini coniato dall’associazione, insieme a “ecomostri”, “ecomafia” e “Grab”. Abbiamo iniziato nel 2011 i primi campionamenti della plastica presente nel Mediterraneo, raccontando che il problema non era solo quello dell’isola galleggiante nell’oceano”.

Ma come si fa ad anticipare i tempi? Qual è il segreto per capire quali sono le reali emergenze ambientali?
“Il segreto è quello di lavorare a stretto contatto con la scienza e gli scienziati. Legambiente nasce nelle università, insieme con i fisici, quando si parlava negli anni ’80 di ampliare il nucleare italiano. Tutto il lavoro fatto finora è stato fatto insieme agli scienziati, per arrivare ad avere i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Il nostro faro è stato sempre la scienza: negli anni ’80 contrastavamo le fake news del governo sul nucleare. Oggi ad esempio ci troviamo a contrastare le false idee sul biometano e sulla digestione anaerobica. O sulla Xylella in Puglia, che hanno causato il diffondersi dell’infezione”.

Quali sono le nuove fake news che vi trovate ad affrontare oggi?

“Una su tutte è quella sul 5G. Non è possibile raccontare false notizie su una tecnologia che non è ancora stata installata. Certo è un tema che va approfondito con una ricerca indipendente, per capire se questa tecnologia può o meno creare dei problemi alla salute. Parallelamente dobbiamo lavorare sul principio di precauzione, che prevede la minimizzazione dell’esposizione all’elettrosmog. Noi siamo il paese a livello europeo con i limiti più cautelativi per quanto riguarda l’elettrosmog, i più rigorosi. Dobbiamo pretendere il rispetto delle norme e chiedere ai Comuni di applicare dei piani di localizzazione delle stazioni e delle antenne per evitare picchi di campi elettromagnetici, e rendendoli omogenei su tutto il territorio”. 

Quando si parla di ambientalismo oggi, sembra ci sia una forte polarizzazione nei confronti di certi temi. Com’è cambiata la consapevolezza dei temi ambientali negli anni?
“La cultura ambientale sta avendo un grande exploit. Quarant’anni fa era un tema per pochi. Lo scorso anno la lotta alla crisi climatica ha riempito le piazze di centinaia di città, con migliaia di ragazzi. Piazze strapiene come mai era avvenuto. Il tema ambientale ha sfondato, siamo di fronte ad un gigante culturale. Ciò che dobbiamo evitare è di informarsi su fonti non attendibili. L’ambientalismo è marchiato da troppi stregoni che contrastano qualunque cosa. Dobbiamo installare impianti fotovoltaici, eolici, impianti di riciclo, di compostaggio. Questo serve per fare la rivoluzione circolare. Invece un certo tipo di ambientalismo italiano è contro a priori. C’è troppa incoerenza”.

Parliamo di politica: mentre in Europa i movimenti “verdi” crescono un po’ ovunque, qua in Italia certi temi non vengono nemmeno presi in considerazione. Cosa manca?
“I temi ambientali sono un nano politico, perché stato sempre un tema marginale nell’agenda politica dei governi che si sono succeduti. In Italia non è accaduto quello che abbiamo visto negli Usa con la presidenza Obama, o in Germania sia con i governi di centrodestra che di centrosinistra. La stessa Cina, nonostante le contraddizioni, ha un governo che punta molto sulle tematiche ambientali, perché sa bene che chi oggi fa ricerca su quel tema, può puntare sull’industrializzazione e successivamente sul mercato mondiale. Qui siamo ostaggio di una politica ideologica, di un ambientalismo dei comitati rappresentato dai 5stelle o quello di facciata del PD. Mentre il centrodestra parla di condoni edilizi o di corsa alle trivelle. L’impermeabilità della politica italiana è frutto dell’inadeguatezza della classe dirigente. Questo vale anche per la classe industriale: ci sono decine di aziende green in Italia che non sono considerate da Confindustria. Abbiamo bisogno di un salto di qualità dell’ambientalismo italiano”.

Se pensiamo al passato, vengono in mente i grandi intellettuali ecologisti che ha avuto il nostro paese, come ad esempio Alex Langer. C’è secondo lei qualcuno di simile oggi?“Langer
 è stato uno straordinario pensatore che ha visto delle cose prima degli altri. Oggi in Italia abbiamo un grande ambientalista nato in Argentina. E si chiama Bergoglio. Credo non ci possa essere voce più autorevole di Papa Francesco che ha scritto nero su bianco quello che tutti dovranno fare nei prossimi anni per fermare la crisi ambientale e climatica. Si tratta di un dono per l’ambientalismo che deve far riflettere chi da quarant’anni non ci ascolta. Nel nostro ultimo libro “La nostra Italia”, abbiamo raccontato tutte le conquiste raggiunte da un’associazione di cittadini. Ecco, le associazioni sono i pilastri di una società, e continueremo ad alimentare questo dibattito. Dico questo perché negli ultimi tempi c’è stata una campagna vergognosa contro le Ong, nonostante queste siano da sempre in prima linea”.